domenica 20 febbraio 2022

Un ponte sulla baia

Di Caligola ne parla molto (e male, ovviamente; l'imperatore era già morto ahahah) Svetonio ma anche Cassio Dione. Vi voglio riferire un paio di stramberie riferite a suo riguardo.
Nel 40 d.C. Caligola iniziò una politica molto controversa di affiancamento del titolo di principe al ruolo di divinità: cominciò infatti ad apparire in pubblico vestito come gli dei e i semidei del pantheon romano, come Ercole, Venere e Apollo. Iniziò a riferirsi a sé stesso come dio, facendosi chiamare Giove nelle cerimonie pubbliche. 
Ossessionato dall'idea di regalità, la vedeva personificata da Giove, il re di tutti gli dei. Con Giove Capitolino l'imperatore manteneva un rapporto confidenziale, quasi di fratellanza e complicità. 
Riferisce Svetonio:
« Di giorno.... parlava in segreto con Giove Capitolino, ora sussurrando e porgendo a sua volta l'orecchio. Ora a alta voce e senza risparmiargli rimproveri. Infatti si sentirono le sue parole di minaccia. o tu elimini me o io te, finché non si lasciò persuadere - a sentir lui - dall'invito a condividere la sede e collegò i palazzi imperiali del Palatino al Campidoglio con un ponte che passava sopra il tempio del Divino Augusto »
(Svetonio, Vite dei Cesari)
Questo, che può apparire un comportamento bizzarro, in realtà faceva parte delle consuetudini religiose romane, come riferiscono altre fonti antiche a proposito di Scipione l'Africano che abitualmente aveva dialoghi mistici con Giove Capitolino. La frase blasfema di Caligola rivolta a Giove («o tu elimini me o io te»), racconta Cassio Dione, va riferita alla stizza dell'imperatore nei confronti di Giove Tonante, che con i tuoni e i fulmini, dei quali aveva molta paura, gli aveva impedito di assistere tranquillamente agli spettacoli dei pantomimi.
D'altra parte a guardar bene non mi sembra sintomo di pazzia il fatto che parlasse con Giove: ancora oggi alcuni di noi in casi particolari parlano (o si recano dove pensano di essere più vicino per Lui che ascolta) con la Divinità. Molto più preoccupante, invece, mi pare il fatto che Giove gli rispondesse.
« (Caligola) Aveva anche escogitato un'invenzione con cui rispondeva con tuoni ai tuoni e mandava lampi in risposta ai lampi: e quando cadeva un fulmine lanciava a sua volta un sasso come se fosse un dardo ripetendo ogni volta il verso d'Omero, o tu elimini me o io te »
(Cassio Dione)

E, a proposito di ponti, vengono riferite due versioni sulla costruzione di un ponte.
Questa è la prima:
L'imperatore Tiberio, zio di Germanico, dovendo scegliere il suo successore, decise di adottare Caligola, il figlio di quest'ultimo. Ma, trovandosi a parlare con l'astrologo Trasillo, Tiberio ebbe modo di esprimergli qualche perplessità sul ragazzo. L'astrologo gli disse di non preoccuparsi, perché Caligola "non ha maggiori probabilità di diventare imperatore che di attraversare a cavallo il golfo di Baia". Divenuto imperatore, Caligola pensò bene di mettere alla berlina l'astrologo Trasillo: fece costruire un ponte di barche, lungo tremila e seicento passi (circa due chilometri e seicento metri), che dal molo di Baia giungeva fino al molo di Pozzuoli. Terminata l'opera, Caligola andò avanti e indietro sul ponte per due giorni, ovviamente a cavallo.
L'altra versione è questa:
Fece costruire tra Baia e la diga di Pozzuoli, che separava uno spazio di circa tremila e seicento passi, un ponte formato da navi da carico, riunite da tutte le parti e collocate all'ancora su due file; poi le si ricoprì di terra dando a tutto l'insieme l'aspetto della via Appia. Per due giorni di seguito non la smise di andare e venire su questo ponte: il primo giorno si fece vedere su un cavallo riccamente bardato, con una corona di quercia, una cetra, una spada e una veste broccata d'oro, il giorno dopo, vestito come un cocchiere di quadriga, guidava un carro tirato da due cavalli celebri, che erano preceduti dal giovane Dario, uno degli ostaggi dei Parti, e seguiti da una schiera di pretoriani e di veicoli con a bordo un gruppo di amici. So che Gaio aveva ideato un ponte di tal genere secondo alcuni per rivaleggiare con Serse che, non senza stupore, ne gettò uno sull'Ellesponto, anche se più modesto, e secondo altri, per spaventare, con la risonanza di qualche opera gigantesca, Germani e Bretoni che lo minacciavano di guerra.
Due metri sotto il pelo dell'acqua sopravvivono, infissi nel molo romano i cui resti sono incorporati in quello moderno, anelli ai quali si vuole fosse assicurato il grandioso ponte di barche fatto gettare da Caligola fra Pozzuoli e Baia. 
L’opera ingegneristica deve essere stata di grande rilevanza: una doppia fila di navi da carico, affiancate le une alle altre, su cui l’imperatore era in grado di passare a cavallo e alla guida di un carro. Dione fornisce la descrizione più accurata: alcune delle navi che formavano il ponte erano state portate lì da altri porti, ma altre furono costruite per l’occasione, poiché non fu possibile radunarne in numero sufficiente in così breve tempo, nonostante tutte le barche disponibili fossero raccolte; con il risultato che una carestia colpì l'Italia e in particolare Roma. Nel costruire il ponte, non fu predisposto solo il passaggio, ma furono messe in opera lungo il percorso anche aree di sosta e di ricovero, e queste avevano acqua corrente da bere.
Al centro del ponte era costruita una piattaforma dalla quale Caligola tenne il suo discorso il secondo giorno, durante il trionfo. 
Le fonti concordano nel rappresentare la grandiosità del prodotto finale come più grande e importante rispetto a quello di Serse, che pure aveva dovuto sostenere il passaggio di un esercito reale e non simbolico.

Fonte: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.1393198040800827&type=3