venerdì 2 dicembre 2022

IL TEREBINTO DI NERONE


Il Terebinthus, anche noto come obeliscus neronis, era un mausoleo descritto come più alto della Mole Adriana, secondo altri alto "come" la mole di Adriano, di forma circolare con più tamburi sovrapposti di diametro decrescente interamente ricoperto di travertini. Esso venne distrutto da papa Dono o Domno nel 675, tre anni prima della sua morte, e con i suoi travertini venne realizzato il pavimento del "paradiso" di San Pietro (o quadriportico di S. Pietro). Viene rappresentato anche nel martirio di San Pietro del Filarete, al centro fra le due piramidi.
La piramide presso il colle Vaticano era detta Meta Romuli (cioè Meta di Romolo), perché la sua forma richiamava in qualche modo le colonne rastremate dette metae che negli stadi romani segnavano le estremità della pista, ma le piramidi edificate a Roma avevano un angolo più acuto di quelle egiziane, cioè erano più strette.L'area interna del quadriportico era in origine un giardino (Paradisus) con all'interno un fontana per abluzioni purificatrici. Con l'aumento dei pellegrini l'area fu pavimentata nel VII secolo e vi fu posta al centro il Pignone, una scultura in bronzo di epoca romana, oggi nel cortile della Pigna nei Musei Vaticani. 
"Una tradizione o leggenda romana narra che S. Pietro fu giustiziato tra le DUAS METAS, che è, in linea della spina o nel mezzo del circo di Nerone, a uguale distanza dai due obiettivi finali, in altre parole, fu giustiziato ai piedi dell'obelisco che ora troneggia davanti alla sua grande chiesa."   (Rodolfo Lanciani)
Diverse fonti sostengono che il materiale di cui erano rivestiti i due monumenti suddetti fu usato per la costruzione della primitiva basilica di San Pietro (terminata attorno al 335). Se l'edificio è realmente esistito, secondo le fonti letterarie potrebbe essere crollato o essere stato distrutto già nell'età classica, in quanto tutti i testi vi si riferiscono in termini di "un tempo sorgeva...".
Tuttavia della sua esistenza doveva esserne convinto l'archeologo Italo Gismondi, l'autore del famoso plastico della Roma imperiale, che inserì accanto alla Meta Romuli un edificio cilindrico di pari altezza.Altri nomi con cui la piramide veniva indicata erano Meta di Borgo, dal nome del quartiere che nel corso del medioevo era sorto sull'area suburbana del Vaticano, ed anche Meta di San Pietro, dalla vicina basilica edificata sulla tomba dell'apostolo Pietro, il primo papa.   Molte delle fonti medievali che descrivono la Meta Romuli citano anche un secondo alto edificio (o monumento) che apparentemente sorgeva assai vicino alla Meta Romuli, più spesso indicato come Terebinto di Nerone, ma in alcuni casi la sua grafia era Terabinto, oppure Tiburtino (cioè fatto di travertino, in latino marmor tiburtinum), il cui scopo e la cui età sono rimasti sconosciuti.
Secondo una credenza popolare nella piramide era sepolto Romolo, tanto che alcune fonti si riferiscono esplicitamente al monumento in termini di "sepolcro di Romolo". Questa era chiaramente una leggenda.

Ma il nome Meta Romuli divenne così comune che nel medioevo la piramide tutt'oggi esistente di Gaio Cestio, nonostante abbia un'iscrizione col suo nome, era conosciuta come Meta Remi (la meta di Remo), o come "sepolcro di Remo", in contrapposizione a quella nell'area del Vaticano, nonostante i due monumenti distassero tra loro circa 4 km.
IV. sul Terebinto di Nerone.
"Di lato alla Meta sorgeva il Terebinto di Nerone, alto tanto quanto il Castello Adriano. Esso fu rivestito di grandi lastre marmoree. Ed aveva due gironi come il Castello. E i gironi erano coperti nella parte superiore di grandi tavole di marmo per l'acqua. E tale Terebinto sorgeva a lato di dove fu crocefisso il santo apostolo Pietro, là dov'è ora Santa Maria in Trasbedina." ( Santa Maria in Traspontina, chiesa del XVI fatta ricostruire dal Papa perchè ostacolava le bombarde di Castel S. Angelo,si trova in via della Conciliazione, nel Rione Borgo).
 Il Therebinto, o Terebinto , o Terabinto, viene descritta come una piramide a cono più larga della piramide di Cestio e di grande bellezza. A Roma l'Egitto andava di moda, soprattutto dopo la sua conquista  ad opera di Giulio Cesare prima e di Augusto dopo (I secolo ac.), ma soprattutto da quando venne a Roma la bellissima Cleopatra portando in dono obelischi, sfingi e statue, senza contare tutto quello che fece costruire.