venerdì 25 agosto 2017

Giulio Agricola

Roma GNEO GIULIO AGRICOLA

Nato nella Gallia Narbonense, Gneo Giulio Agricola  era figlio del senatore Giulio Grecino e di Giulia Procilla, e Iniziò la sua carriera come tribuno militare in Britannia dal 58 al 62 d.C., sotto il comando del governatore Svetonio Paolino, partecipando con molta probabilità alla soppressione della rivolta fomentata dalla regina Budicca. Tornato in seguito a Roma, dove divenne questore nel 64 d.C., servì poi nelle province d’Asia per poi, nel 66 d.C., essere eletto tribuno della plebe e nel 68 pretore. Nella confusa annata dei quattro imperatori Agricola si schierò a favore di Vespasiano e in seguito all’ascesa al trono di quest’ultimo venne posto a capo della Legio XX Valeria Victrix stanziata in Britannia. Nel 71 d.C., sotto il governatorato di Quinto Petilio Cereale, Agricola ebbe modo di distinguersi durante le campagne militari contro la tribù dei Briganti. Nel 75 d.C., venne nominato governatore della Gallia Aquitania, nel 77 d.C., tornato a Roma, dove fu eletto pontefice, diede in moglie al famoso storico Tacito la propria figlia Giulia, nel 78 d.C., fece ritorno in Britannia, questa volta nelle vesti di governatore dove ebbe un ruolo chiave nella conquista romana dell’isola.
Agricola, appena giunto sull’isola come governatore, mosse guerra verso occidente contro la tribù degli Ordovici, stanziati nell’odierno Galles, che poco tempo prima avevano annientato un reparto ausiliario di cavalleria. Al termine di queste prime operazioni, Agricola, decise di allestire una flotta e di sottomettere nuovamente l’isola di Mona (odierna Angelesey) che si trovava poco distante dalle coste appena occupate.  Questa piccola isola, dopo essere stata conquistata da Svetonio Paolino nel 61 d.C.,, era però stata perduta ad opera degli stessi Britanni poco tempo più tardi.

L’anno seguente il governatore Agricola si distinse per il suo buon governo, combattè la dilagante corruzione, aumentò il processo di romanizzazione sull’isola,  così come incoraggiò la costruzione di città sul modello di quelle romane facendo educare i figli dei nativi secondo i costumi romani.

I due anni che seguirono proseguirono con piccoli scontri che portarono gli uomini di Agricola a fortificare la linea del Gask Ridge, e indirizzando poi ancora più precisamente  l’azione militare verso i territori scozzesi, aumentando i presidi su quella linea di confine.

Nell’81 d.C., Le armate romane procedettero a consolidare le conquiste dell’anno precedente soprattutto nel sud-ovest della Scozia, battendo più volte le armate nemiche, ancora Agricola attraversò il mare (è stato ipotizzato che si potesse trattare del Clyde o del Forth), e sconfisse popoli fino ad allora sconosciuti ai romani. Agricola fortificò la costa britannica che guardava verso l’Irlanda e Tacito ricorda che il suocero diceva spesso che quest’isola poteva essere conquistata con una sola legione e pochi ausiliari.  Egli aveva anche dato rifugio a un re irlandese in fuga e si potrebbe pensare che egli l’abbia potuto usare come scusa per attaccare e conquistare l’Irlanda.  Tale conquista non ci fu mai, ma alcuni storici pensano che la traversata e lo scontro con popoli sconosciuti ai romani di cui parla Tacito si riferiscano a una qualche spedizione punitiva o esplorativa di Agricola in Irlanda.

Nell’ 82 d.C., Giulio Agricola con le sue legioni attaccò le tribù stanziate nel Forth, ma i Caledoni durante una notte assaltarono gli accampamenti della Legio IX Hispana, Agricola riuscì a fatica a respingere l’attacco con la cavalleria, e in seguito penetrò ancora più a fondo nei territori nemici.

Nell’83 d.C. L’esercito romano si scontrò nella battaglia del monte Graupio contro l’armata dei Caledoni, guidati da un certo Calgaco. La formazione di battaglia romana vedeva al centro 8 000 ausiliari di fanteria, mentre 3 000 cavalieri erano stati posti ai lati dello schieramento. Le legioni furono invece tenute di riserva,  in caso di necessità presso il muro dell’accampamento. I Caledoni  si erano posti su un terreno più elevato: la loro avanguardia stava più in basso, ma gli altri ranghi erano invece stati disposti in file serrate lungo il pendio e sulla cima della collina. Il governatore Agricola, temendo che il nemico, in superiorità numerica, lo impegnasse contemporaneamente su più fronti , fece allargare le file del suo schieramento, col rischio calcolato di diradare troppo i reparti. Dopo un breve scambio di pietre e giavellotti, Agricola mandò all’attacco alcune coorti di ausiliari batavi con l’ordine di impegnare in un corpo a corpo i Caledoni, le cui armi non erano adatte a questo tipo di scontro, essendo lunghe e sprovviste di punta. La cavalleria romana, messi in fuga i temibili carri da guerra  nemici, si gettò anch’essa nella mischia. I Caledoni furono quindi sospinti indietro sulla cima della collina. Ma dovendo combattere in salita, a un tratto i Romani si trovarono in difficoltà, sia i cavalieri per la formazione compatta nemica e per il terreno diseguale, sia i fanti, che venivano travolti da cavalli imbizzarriti senza cavaliere. Le riserve nemiche tentarono una manovra aggirante dall’alto delle alture, ma Agricola aveva tenuto in serbo quattro squadroni di cavalieri e li fece avanzare contro questi, che si diressero quindi contro di loro; una parte della cavalleria fu mandata quindi dal fronte della battaglia alle loro spalle, massacrandoli. Questi quindi si misero in fuga, e si radunarono a gruppetti nelle vicinanze delle foreste, circondando i cavalieri imprudenti che li inseguivano; Agricola, tuttavia, aveva precedentemente disposto delle coorti e dei cavalieri dentro ed attorno la selva, per perlustrare la zona, e con questi aiuti i nemici furono distrutti. I Caledoni furono messi in fuga e si rifugiarono nella notte in località lontane ed inaccessibili. Secondo Tacito, i Caledoni persero 10 000 uomini, i Romani solo 360.

Nell’84 d.C. terminate le campagne militari culminate con la vittoria sui Caledoni che vedeva approssimarsi la definitiva conquista dell’isola, Agricola venne richiamato a Roma e sostituito nel ruolo di governatore.

Agricola fu richiamato a Roma dall'imperatore Domiziano nell'85, dopo un governatorato di inusuale lunghezza. Secondo Tacito, Domiziano prese questa decisione perché geloso dei grandi successi del generale, che mettevano in ombra le modeste vittorie dell'imperatore sul fronte germanico.

I rapporti tra l'imperatore e Agricola non sono chiari: se, da un lato, ad Agricola vennero tributati grandi onori e una statua (i più grandi riconoscimenti militari eccetto il trionfo), dall'altro egli non ricoprì più alcuna carica civile o militare, nonostante il suo grande valore e la sua esperienza. Gli venne offerta la carica di governatore dell'Africa, ma la rifiutò, forse a causa della sua salute cagionevole o (come sostiene Tacito) delle macchinazioni di Domiziano. Morì nel 93, in circostanze poco chiare, forse avvelenato per ordine dello stesso imperatore.

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