domenica 5 dicembre 2021

Mura Aureliane e tasse da pagare

L'altro giorno vi ho accennato, di sfuggita, che avrei voluto parlarvi delle Mura Aureliane. Chi non le conosce? Chi ha avuto modo di venire a Roma, ma anche chi le ha viste in tv, al cinema o, anche, soltanto in foto avrà avuto la sensazione di guardare qualcosa di gigantesco e, probabilmente, sarà andato con il pensiero ai tempi necessari ed ai costi ingentissimi per la realizzazione dell'enorme opera. Non parlo, poi, degli abitanti della Capitale che nelle loro uscite quotidiane non possono fare a meno di incontrarle. In effetti, le Mura costituiscono la più imponente struttura urbana mai concepita nell'intero mondo romano. La nuova cinta muraria della lunghezza complessiva di quasi 19 km andò a sostituire dopo più di 600 anni le cosiddette Mura Serviane che erano quasi completamente scomparse. Nel corso dei secoli l‟originario impianto architettonico subì alcune modificazioni anche importanti ma, per gli scopi che ci interessano, possiamo trascurare di parlarne. Non si conosce con precisione il tempo necessario a realizzarle, ma gli esperti ritengono che il cantiere iniziò nel 271 d.C. e alcuni di loro ritengono che furono completate già prima della morte di Aureliano (275 d.C.). Quindi una velocità impressionante, una volata incredibile, oltre tutto in assenza dell'Imperatore impegnato a guerreggiare sul fronte orientale. Quale fu il motivo di questo ambizioso progetto di fortificazione che, tra l'altro, comportava anche una spesa enorme? Scommetto che qualcuno di voi, anzi più di qualcuno, si è già fatta un'idea; ma siete sicuri che l'unico scopo fosse quello di difendere la Città dai barbari? Cerchiamo di ragionarci con calma.
Ai primi dell’anno 271 d.C., una grossa massa di guerrieri germanici, passate le Alpi, scesero nella penisola italiana alla ricerca di bottino. Dopo un primo scontro vittorioso a Piacenza con l'esercito imperiale, si diressero verso sud, provocando il panico a Roma, che non si sentiva minacciata direttamente dai tempi di Annibale. Ma nel giro di poche settimane Aureliano li affrontò e sconfisse prima a Fano e poi a Ticinum (Pavia): passerà più di un secolo prima della successiva incursione barbara sul territorio italico.
Aureliano rientrò a Roma, dove passò qualche mese a rafforzare il suo controllo sulla capitale prima di partire per affrontare la regina di Palmyra, Zenobia. Sarebbero trascorsi tre anni prima del ritorno di Aureliano a Roma (274 d.C.). 
Quindi la decisione di erigere le nuove mura fu presa nell'intervallo di tempo tra la sconfitta dei barbari (marzo 271) e la partenza per l’Oriente (estate dello stesso anno). 
E quale sarà stata la motivazione? 
In genere si pensa che le Mura sarebbero servite a tranquillizzare un popolo urbano sconvolto dalla minaccia barbara, nonché a salvaguardare la futura sicurezza della città, durante un periodo in cui non si poteva più contare sulle forze stanziate lungo le frontiere dell’impero, impegnate nella guerra contro Zenobia.
Ma risulta difficile pensare che le Mura vennero costruite solo per questo motivo. Le sconfitte inferte agli invasori erano state così pesanti da far considerare improbabile un nuovo tentativo a breve.
A quei tempi il pericolo principale consisteva in gruppi di barbari, poco attrezzati per condurre lunghi assedi, ma che erano alla ricerca di preda facile; e la capitale disponeva ancora di una folta guarnigione composta di pretoriani ed equites singulares. E' possibile che noi abbiamo interpretato male lo scopo? A cosa mai potevano servire quelle Mura se non a difendere la popolazione? Vediamo di esaminare la situazione di allora.
Dopo aver sconfitto i barbari, Aureliano, tornato a Roma, trovò una città in rivolta per tensioni create dal gruppo senatoriale a lui ostile. Sembra che Aureliano abbia fatto ricorso alle maniere forti per prendere in mano la situazione prima di partire alla volta di Palmira: non perse tempo nel reprimere i colpevoli veri o presunti della rivolta, tra i quali si annoveravano non soltanto gli impiegati della zecca ma anche alcuni esponenti dei ceti sociali più alti. 
Sia l’Historia Augusta che l’Epitome de Caesaribus tramandano la notizia della costruzione delle Mura SUBITO DOPO il racconto dei tumulti popolari accaduti a Roma nella prima metà del 271 d.C. 
L’Historia: «Terminata la lotta contro i Marcomanni, Aureliano, siccome era d’indole molto feroce, tornò a Roma pieno di rabbia e con una voglia di vendicarsi esagerata in proporzione alla gravità delle sommosse [...] alcuni senatori nobili furono uccisi [...] fatte queste cose, quando vide che sarebbe potuto riaccadere ancora quanto era successo sotto Gallieno, seguendo il consiglio del senato egli estese le mura della città di Roma». 
E questa è la versione dell’Epitome: «in quel periodo nella città di Roma gli impiegati della zecca [monetarii] si ribellarono; una volta sconfitti, Aureliano li giustiziò con grande crudeltà [...] egli cinse la città di mura più valide ed estese».
Quindi, l'Imperatore temeva non tanto la ricomparsa dei barbari nella penisola quanto possibili sommosse interne e potrebbe aver ideato e voluto le Mura come mezzo di controllo sulla città stessa, specie verso gli elementi più restii del popolo urbano. Una sorta di “difesa interna” più che esterna.
Dovendo allontanarsi per un lungo periodo, Aureliano voleva mantenere il controllo sulla città e, probabilmente, riteneva che il progetto delle Mura sarebbe servito allo scopo. Il circuito murario era il segno concreto del suo dominio e i Romani si sarebbero trovati rinchiusi entro un perimetro gestito e pattugliato da milizie fedeli all’imperatore.
Chi controllava le porte controllava le Mura e chi controllava le Mura controllava la città intera. Grazie alle controporte, chi stava sulle Mura aveva il controllo sui nemici esterni e ma anche su quelli interni.
E' la prima volta che mi capita di incrociare una cerchia di mura intorno ad una città per difendersi da nemici interni, ma mi pare non ci siano dubbi.
C’è, infine, un ultimo elemento che deve essere considerato in aggiunta tra i possibili motivi della decisione di Aureliano. Le Mura, per quanto fossero costose da costruire, avrebbero rappresentato nel lungo termine un investimento molto redditizio per l’amministrazione urbana, per il semplice motivo che, a costruzione realizzata, non era più possibile evitare di pagare le varie tasse e imposte fiscali dovute da persone o per beni in transito per la città.
Prima delle Mura, la cinta daziaria era stata delineata soltanto con cippi disposti a intervalli attorno al perimetro urbano, i quali non impedivano a nessuno di entrare in città o uscirne. Con le Mura, invece, i confini della città divennero nettissimi e venivano attraversati soltanto tramite le porte del circuito, varchi che potevano essere chiusi di notte e sorvegliati di giorno da soldati o agenti doganali al servizio del governo municipale. Difficile, quindi, che con la barriera invalicabile delle Mura l’evasione fiscale non scemasse o addirittura venisse meno. 
Nel tempo le tasse riscosse alle porte di Roma costituirono una fonte di denaro consistente per le autorità cittadine che arrivarono a dare in appalto a privati la gestione delle singole porte. 
Col passare degli anni, le spese della costruzione e la manutenzione delle Mura si saranno in gran parte ripagate grazie alla presenza delle Mura stesse.
Chissà che Aureliano non abbia pensato anche a questo?

Fonte: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.4552646371522629&type=3

venerdì 3 dicembre 2021

LA TRISTE STORIA DI PERPETUA, FEDELE ALL’ AMORE DEL SUO DIO FINO ALLA FINE


Anfiteatro di Cartagine, marzo del 203 d.C.: durante i festeggiamenti del compleanno di Geta, il figlio maggiore dell’imperatore, una giovane donna, Vibia Perpetua, insieme ad altre cinque persone, viene condannata “ad bestias” (vale a dire a essere uccisi straziati dagli animali feroci). Il motivo della condanna era il rifiuto di fare sacrifici all’imperatore: Perpetua e gli altri cinque condannati erano cristiani. 
Nel carcere, in attesa dell’esecuzione, Perpetua scrive un diario. Si tratta di un documento prezioso, per non dire unico. I testi latini di mano femminile sono difatti pochissimi, e nella quasi totalità dei casi non consentono di conoscere pensieri, sentimenti, carattere e scelte di vita di chi li ha scritti. Unica eccezione, le poesie di Sulpicia: vissuta circa due secoli prima, in un altro mondo e in un altro ambiente, e che, come Perpetua, parla di un amore. Nel caso di Sulpicia, per un uomo; nel caso di Perpetua, per il suo dio. Ed è, quello di Perpetua, un amore fortissimo, che la obbliga a scelte molto dolorose, compiute con ferrea, implacabile fermezza. Gli affetti familiari, di fronte a quello per Cristo, non esistono più: invano il padre la prega di piegarsi al potere, per aver salva la vita. Neppure l’amore materno la distoglie dalla sua determinazione: al momento dell’arresto, Perpetua ha da poco partorito un bambino, che teneramente allatta, anche in cella. Mai, per nessuna ragione, rinnegherà l’amore per Cristo. E va verso la morte atroce con una fermezza, una serenità e una dignità che colpisce persino i suoi aguzzini.
Quando la giovane viene introdotta nell’arena, le vengono tolti gli abiti e viene “vestita” soltanto di una rete: l’esposizione del corpo agli sguardi della folla sarebbe stata una pena accessoria per degradarla, additandone pubblicamente l’indegnità. Ma quel giorno di marzo, nell’anfiteatro di Cartagine, la visione del corpo indifeso di Perpetua, con il latte che ancora stillava dal petto, turbò e inorridì gli spettatori al punto da indurre i carnefici a rivestirla. E Perpetua morì fedele al suo grande, unico amore: quello per il suo dio.

Fonte: Eva Cantarella.  Dammi mille baci. Veri uomini e vere donne nell’antica Roma]
Roma: capitale d' arte, di bellezza e di cultura