mercoledì 19 gennaio 2022

CANNE E SCIPIONE AFRICANO

" al nemico non solo bisogna concedere una via per scappare, ma anche rendergliela sicura "

" hosti non solum dandam esse viam ad fugiendum, sed etiam muniendam "

Publio Cornelio Scipione 

" senatori, è giunto momento di dare battaglia, non pacificarsi con lo sporco barbaro "

" patres conscripti, tempus advenit pugnae, non pacem barbaram "

Publio Cornelio Scipione 

Le due frasi sono riferite all'acerrimo nemico Annibale:

la prima riguarda la battaglia decisiva avvenuta nella piana di Zama in Tunisia dove Scipione mise in atto un vero capolavoro tattico, sbaragliando Annibale con la stessa tattica usata dal barbaro contro i Romani nella piana di Canne.

la seconda parla di un aneddoto molto importante che ha segnato la svolta per i Romani, sconfitti  annientati e umiliati a Canne da Annibale, (i morti tra i Romani si annoverano tra gli 80000 mentre il cartaginese subisce solo poche miglia di perdite), pochi i superstiti tra cui Publio Cornelio Scipione che dopo la disfatta di Canne, aveva posto in salvo i pochi superstiti delle legioni romane, li conduce a Canusium e li pose come obiettivo la riorganizzazione dell'esercito romano.
Questa impresa di una pericolosità unica causa vicinissima distanza della città di solo quattro miglia dal campo di Annibale. Scipione esortò il i numerosi patrizi a non fuggire in esilio e per ottenere ciò li minaccia.Fatto il punto della situazione,  si fece raccontare dai sopravvissuti le fasi della battaglia, e la tattica vincente del nemico.

Livio ci narra che alla prospettiva di sbandamento e di ammutinamento dopo la sconfitta, Scipione fu fermo, deciso, l'unico dei capi militari a mostrare forza: alle richieste dei comandanti di riunire un consiglio per deliberare sulla situazione, oppone un netto rifiuto, non era tempo di discutere ma di osare e agire.
esorta gli uomini rimasti guidandoli fino a Roma. I romani, dinanzi a tale coraggio, e fermezza del 20enne Scipione, si strinsero attorno a lui come ad un eroe.
La parola pace venne proibita, il lutto limitato solo a  30 giorni e l'esternazione del proprio dolore in pubblico fu vietata anche alle donne.
Nel frattempo il Senato spaventato dalla possibile marcia di Annibale verso una Roma senza difese, si appresta a preparare una pace forzata contando sulla clemenza del cartaginese. Il giovane Scipione giunto nella Curia, nell' atto della votazione infame, da sfogo a tutto il suo orgoglio romano, guarda i senatori ad uno ad uno negli occhi, ed esclama:

" volete che i posteri vi ricordino come coloro che vigliaccamente hanno consegnato senza combattere l'onore Romano al nemico?? Datemi un paio di legioni, porterò la guerra in territorio nemico (Africa) come Annibale ha fatto con noi, lui sarà costretto a salpare per Cartagine, io lo condurro' alla disfatta!!! "

Gli Storici Romani raccontano la strage dei figli di Roma avvenuta a Canne:

" il Senato decise di mettere in campo otto legioni, il che non era mai stato fatto prima a Roma, ogni legione composta da 5.000 uomini, oltre agli alleati. I Romani combattono la maggior parte delle loro guerre con due legioni al comando di un console, con i loro contingenti di alleati, e raramente utilizzano tutte e quattro le legioni in una sola volta e per un solo compito. Ma in questa occasione, tanto grande era l'allarme e il terrore di ciò che sarebbe potuto accadere, che decisero di mettere in campo non solo quattro, ma otto legioni "
 (Polibio, Storie III)

" affermano alcuni che per reintegrare le perdite si arruolarono diecimila nuovi soldati; altri parlano di quattro legioni nuove, per affrontare la guerra con otto legioni; e si dice pure che le legioni furono accresciute di forze, tanto di fanti quanto di cavalieri, aggiungendo a ciascuna circa mille fanti e cento cavalieri, così che risultassero di cinquemila fanti e di trecento cavalieri, e che gli alleati diedero un numero doppio di cavalieri ed egual numero di fanti "
(Tito Livio, Ab Urbe condita)

" l''ala sinistra della cavalleria gallica e ispanica si azzuffò con l'ala destra romana, non tuttavia in forma di combattimento equestre: bisognava infatti lottare frontalmente poiché non era presente attorno spazio per evoluzioni; da un lato le serravano le schiere dei fanti e dall'altro il fiume. Si urtarono dunque da entrambe le parti in linea di fronte; forzati a immobilità dalla calca i cavalli, i cavalieri si abbrancavano l'uno per gettar l'altro di sella. La battaglia era ormai divenuta prevalentemente pedestre; tuttavia si combatté più aspramente che a lungo, e i cavalieri romani, respinti, volsero in fuga "
(Tito Livio, Ab Urbe condita)

" dopo dunque la disposizione di tutto il suo esercito in linea retta, prese le compagnie centrali degli Ispanici e dei Celti e avanzò con loro, mantenendo il resto della linea in contatto con queste compagnie, ma a poco a poco essi si staccarono, in modo tale da produrre una formazione a forma di mezzaluna, la linea delle compagnie fiancheggianti stava crescendo in sottigliezza poiché era stata prolungata, il suo scopo era quello di impiegare gli Africani come forza di riserva e di iniziare l'azione con gli Ispanici ed i Celti "
(Polibio, Storie)

" all'ala sinistra dei Romani, dove contro i Numidi stavano i cavalieri degli alleati, ardeva la battaglia Circa cinquecento numidi, che oltre le solite armi e i giavellotti avevano gladii nascosti sotto le corazze, erano avanzati allontanandosi dai loro compagni fingendosi disertori, con gli scudi dietro le spalle; poi celermente erano scesi da cavallo, e, gettati ai piedi dei nemici gli scudi e i dardi, furono accolti in mezzo allo schieramento e, condotti nelle ultime file, ebbero l'ordine di fermarsi là dietro. Finché la battaglia non fu accesa da tutte le parti, stettero fermi; quando poi la lotta tenne occupati gli occhi e l'animo di tutti, allora, dato piglio agli scudi, che giacevano sparsi qua e là tra i mucchi degli uccisi, assalirono i soldati romani alle spalle, e, ferendoli alla schiena e tagliando loro i garetti, produssero grande strage, spavento e confusione anche maggiori "
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri)

 " in quanto i loro ranghi esterni erano continuamente distrutti, ed i superstiti erano costretti a ritirarsi e si stringevano insieme, sono stati infine tutti uccisi, dove si trovavano "
(Polibio)

" tante migliaia di Romani stavano morendo. Alcuni, le cui ferite erano eccitate dal freddo mattino, nel momento in cui si stavano alzando, coperti di sangue, dal mezzo dei mucchi di uccisi, erano sopraffatti dal nemico. Alcuni sono stati trovati con le teste immerse nelle buche in terra, che avevano scavato; avendo, così come si mostrò, realizzato buche per loro stessi, e essendosi soffocati, 600 legionari massacrati al minuto fino a quando l'oscurità pose fine alla carneficina. "
(Tito Livio, Ab Urbe condita)

" mai prima d'ora, mentre la stessa città era ancora sicura, c'era stato tanto turbamento e panico tra le sue mura. Non cercherò di descriverlo, né io indebolirò la realtà andando nei dettagli. Dopo la perdita di un console e dell'esercito nella battaglia del Trasimeno l'anno precedente, non fu una ferita dopo l'altra, ma una strage molto più grande quella che era stata appena annunciata. Secondo le fonti due eserciti consolari e due consoli sono stati persi, non c'era più nessun accampamento romano, nessun generale, nessun soldato in esistenza, Puglia, Sannio, quasi tutta l'Italia giaceva ai piedi di Annibale. Certamente non c'è altro popolo che non avrebbe ceduto sotto il peso di una simile calamità"
(Tito Livio, Ab Urbe condita)

" quanto più grave è stata la sconfitta di Canne, rispetto a quelle che l'hanno preceduta, lo si vede dal comportamento degli alleati di Roma; prima di quel fatidico giorno, la loro lealtà rimase irremovibile, ora ha cominciato a vacillare per la semplice ragione che disperano del potere romano"
(Polibio - Storie)

" nel 1540 anno della fondazione di Roma i consoli Lucio Emilio e Publio Tenerzio Vanone vengono inviati contro Annibale e succedono a Quinto Fabio Massimo. Inoltre il dittatore Fabio li aveva esortati affinché non combattessero con Annibale comandante astuto e senza pazienza. Tuttavia, partito Fabio, a causa dell’impazienza del console Varrone si combattè presso Canne ed i consoli furono entrambi vinti da Annibale. In questa battaglia vennero uccisi tremila Africani e una grande parte dell’esercito di Annibale venne ferita. Ma anche i Romani subirono una gravissima strage. Infatti nella battaglia vennero uccisi il console Emilio Publio,venti ex consoli o pretori, trenta senatori vennero catturati ed uccisi, trecento uomini nobili, quarantamila soldati, tremilacinquecento cavalieri. E tuttavia in queste sventure nessuno dei Romani pensò di fare menzione di pace. Dopo questa battaglia molte città dell’Italia ,che erano state agli ordini dei romani, si diedero ad Annibale. Annibale, con varie torture,uccise i prigionieri e mandò a Cartagine tre maggi di anelli d’oro, che erano stati sottratti dalle mani dei cavalieri, senatori e soldati dei romani "
(Eutropio)

martedì 18 gennaio 2022

QUINTO FABIO MASSIMO

QUINTO FABIO MASSIMO

detto il "Temporeggiatore" ovvero Fabius Maximus Cunctator.. Roma 275 a.c. –   Roma 203 a.c.

«Per il momento giusto devi attendere, così come fece Fabio con pazienza, mentre fronteggiava Annibale, anche se molti lo criticarono per questo. Quando il momento giunge devi però batterti duramente, così come fece Fabio, o la tua attesa sarà stata vana e infruttuosa.»

(Saggi fabiani, I)

https://mondointernazionale.com/culturalmenteimparando/il-fabianesimo

Nel 217 a.C., subito dopo la sconfitta del lago Trasimeno, Fabio venne nominato dittatore, o meglio prodittatore, dato che non era stato nominato materialmente da alcun console. Da allora, poiché la guerra con Annibale era solamente difensiva, Fabio divenne la personalità più importante a Roma. Forse le sue doti militari non erano tra le più acute, ma capì prima di tutti i suoi contemporanei, la natura della tattica e del genio di Annibale e la situazione dei suoi connazionali.

Cicerone dice di Fabio che "bellum Punicum secundum enervavit" ("snervò la seconda guerra punica"), un elogio più veritiero di quello di Ennio, che dice "qui cunctando restituit rem" ("che temporeggiando ripristinò lo Stato"), dal momento che Marcello e Scipione riportarono la repubblica alla sua grandezza militare, mentre Fabio la rese capace di un ritorno alle origini.

Il suo primo atto come dittatore fu calmare e rinvigorire gli animi dei Romani facendo sacrifici solenni e supplicando gli dei; quindi rese il Lazio e le zone adiacenti inespugnabili per il nemico. Al momento di stabilire il campo escogitò un piano di azione semplice e fisso. Evitò ogni contatto diretto con il nemico; spostò l'accampamento da un altopiano ad un altro, dove la cavalleria della Numidia e i fanti iberici non sarebbero riusciti a salire; osservò i movimenti di Annibale con una stretta vigilanza, catturò i nemici sbandati e quelli che si erano allontanati dal campo in cerca di cibo, costrinse Annibale a far stancare i suoi alleati con impellenti richieste e a scoraggiare i suoi soldati con manovre inutili.

«Fabio aveva deciso di non esporsi al rischio e di non venire a battaglia con Annibale. Inizialmente tutti lo consideravano un incapace, e che non aveva per nulla coraggio ma col tempo costrinse tutti a dargli ragione e ad ammettere che nessuno sarebbe stato in grado di affrontare quel momento delicato in modo più avveduto e intelligente. Poi i fatti gli diedero ragione della sua tattica»

(Polibio, III, 89, 3-4.)

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https://innovation4value.com/blog/il-temporeggiatore/