Il mito etrusco di Tages/Tagete
 
Il mito etrusco più diffuso nella letteratura classica e degli autori antichi successivi è senz’altro quello di Tagete.
Le fonti (Cicerone, De Divinazione II, XXIII; Dionigi di Alicarnasso, Antichità Romane; Censorino, De die natali 4,13; Ovidio, Metamorfosi XV, 552-559; Isidoro di Siviglia, Etymologie sive Origines 8,9, 34-35; Giovanni Lido Sui Segni Celesti 2-3, etc ... ) descrivono l’apparizione e le rivelazioni di Tages/Tagete (che in etrusco significherebbe “voce mandata fuori dalla terra”) con un racconto sostanzialmente uguale, seppur con alcune differenze.
Nelle campagne di Tarquinia, mentre un contadino (che secondo alcuni sarebbe stato Tharcon, un aruspice) arava la terra, accadde un fatto mirabile, quale nessuno aveva udito essere mai accaduto nell’arco di tutti i tempi: da un solco più profondo balzò fuori Tagete (secondo altri si sarebbe invece trasformato da una zolla di terra) che aveva l’aspetto di un bambino ma con la saggezza di un uomo maturo (ed infatti aveva i denti ed altri segni della vecchiaia). Il profeta rivolse la parola al contadino che, stupito dall’apparizione, levò un alto grido di meraviglia. In poco tempo tutta l’Etruria (una folla, tutte le genti d’Etruria o, secondo alcuni, i lucumoni, i principi d’Etruria o i figli dei dodici principi d’Etruria) si radunò sul posto. Tagete (ritenuto da alcune fonti Hermes ctonio o figlio di Genio e nipote di Giove) parlò a lungo ai convenuti, che ascoltarono con attenzione le sue parole e le misero poi per iscritto per tramandarle ai posteri. Secondo un'altra versione Tagete avrebbe parlato al solo Tarconte in un luogo segreto e quest’ultimo avrebbe poi scritto un libro sulle rivelazioni del fanciullo divino, sotto forma di dialogo e sulla base delle risposte fornite da Tagete alle domande formulate dallo stesso Tarconte. L’intero discorso del profeta fu quello in cui era contenuta la scienza dell’aruspicina, che poi si accrebbe con la conoscenza di altre cose che furono ricondotte a quegli stessi principi. Tagete sarebbe morto lo stesso giorno della rivelazione e non sarebbe più apparso.
Tagete, essere divino, avrebbe quindi dettato i paradigmi fondamentali della Etrusca Disciplina (arti divinatorie e discipline del sacro) ed in particolare dell’extispicio, l’esame a scopo divinatorio delle viscere (il fegato) degli animali sacrificati, ai dodici popoli dell’Etruria. Il corpus della Disciplina si sarebbe arricchito nel tempo di nuove acquisizioni e sarebbe stato messo per iscritto dagli Etruschi. I Romani, in seguito, tradussero i testi etruschi, rielaborandone i contenuti. La letteratura religiosa etrusca sarebbe stata raccolta nei libri tagetici classificati in libri haruspicini (sull’esame delle viscere delle vittime sacrificate) fulgurales (sulla scienza dell’interpretazione dei fulmini), e rituales (materia composita prevalentemente relativa a prescrizioni rituali concernenti diversi aspetti della vita sociale).
Sul mito di Tagete vi sono anche alcuni riscontri archeologici. In una gemma incisa del IV secolo a.C. (conservata al British Museum) una testa emerge dal suolo con la bocca aperta tra due figure maschili, una delle quali potrebbe essere Tarconte. In una altra gemma, sempre del IV secolo a.C., è rappresentata una figura maschile piegata (Tarconte?) che sembrerebbe nell’atto di tirare su una figura più piccola con il dito alzato (Tagete?) che emerge dalla terra (presso il Museo di Villa Giulia a Roma). Su uno specchio bronzeo da Tuscania del IV - III secolo a.C. sono incisi, tra gli altri personaggi, Pava Tarchies (Tagete), con ampio mantello e copricapo a punta, che tiene in mano un fegato e che insegna la scienza divinatoria dell’aruspicina ad Avl(e) Tarchunus (Tarconte), anch’egli con mantello e cappello a punta (esposto al Museo Archeologico di Firenze). Una statuetta da Tarquinia (cd. Putto Carrara) databile al III secolo a.C. (conservata presso il Museo Gregoriano Etrusco)  che rappresenta un giovane con bulla, in ragione dei tratti maturi del volto è stata identificata con Tagete (Etruschi Viaggio nelle Terre dei Rasna, Electa, 2019, pag 144, figura 8).
Sul mito di Tagete e sulla disciplina etrusca cfr, tra l’altro, Nizzo Valentino, Tages, la terra e la nascita della divinazione, Terrantica: volti, miti e immagini della terra nel mondo antico, Electa, 2015, pagg 156 – 161; Adriano Maggiani in Gli Etruschi Una Nuova Immagine a cura di Mauro Cristofani, Giunti, 1984, Pagg. 140 e ss.; Andrea Verdecchia, Mitologia etrusca, Effigi, 2022, pagg. 186 e ss.; Maurizio Martinelli, Gli Etruschi Magia e Religione, Convivio, 1992, pagg. 75 e ss.; Mario Tizi, Tagete e lo specchio di Tuscania. Una nuova interpretazione del mito etrusco. Atti del convegno sulla storia di Tuscania - Tuscania 2014; Giulio M. Facchetti, Alcune osservazioni linguistiche sul nome di Tagete in Aion – Linguistica n. 9/2020.   
Di seguito immagini della gemma del Museo di Villa Giulia, della statuetta da Tarquinia e dello specchio da Tuscania.