martedì 4 maggio 2021

Il ponte di Traiano

Si parla spesso del Ponte di Traiano come riferimento alla conquista della Dacia. Ma, nonostante la sua rappresentazione scolpita sulla Colonna, la sua costruzione è stata posta fortemente in dubbio fino a pochi anni fa. E pensare che Cassio Dione e Procopio ne avevano lasciato una descrizione. 
Eppure, non lo crederete, ma molti Storici hanno ritenuto per molto tempo che la tradizione di un ponte retto da giganteschi piloni di muratura piantati nel fondo del fiume fosse solo una leggenda. Traiano aveva certamente passato il Danubio, asserivano, forse fuorviati dalle immagini relative alla prima guerra dacica, ma probabilmente si era servito di un lungo ponte di barche. La principale prova addotta da loro era la presunta assenza di vestigia dei giganteschi piloni. In realtà, alcune tracce importanti dei pilastri erano state già rilevate a fine ottocento e nella prima metà del novecento ma la loro attribuzione era rimasta dubbia. Finalmente, nel 2009 giunse la conferma che un gruppo di ricercatori serbi aveva portato felicemente a termine una lunga campagna di sopralluoghi subacquei per la localizzazione e definizione della struttura del ponte di Traiano. E così, finalmente, la leggenda è diventata storia. Ma sentiamo cosa diceva Cassio Dione:
"Traiano ha costruito sopra il Danubio un ponte di pietra che non posso ammirare abbastanza. Sebbene le sue opere siano brillanti, questa le supera tutte. Per esso ci sono venti pile di pietra quadrata, centocinquanta piedi d’altezza al di sopra delle fondamenta, sessanta di larghezza, e queste stanno alla distanza di centosettanta piedi l’una dall’altra e sono collegate da archi.
Allora, come si fa a non rimanere sorpresi della spesa fatta per costruire tali archi, o dal fatto che essi siano stati piazzati su di un fiume così profondo, in acque così piene di vortici e su di un fondo così fangoso.
Per questo era naturalmente impossibile deviare il fiume altrove. Io ho parlato della larghezza del fiume; ma il fiume non è uniformemente così stretto, in alcuni tratti esso è il doppio, in altri il triplo e oltrepassa addirittura la riva.
Ma il punto più stretto ed il più adatto nella regione è quello della larghezza appena citata. Tuttavia il fiume ha in questo punto del suo corso un grande flusso d’acqua per un così stretto canale, dopo il quale esso si espande in un tratto ancora più grande che rende il fiume ancora più violento e profondo e questa peculiarità deve essere considerata nella stima della difficoltà di costruzione del ponte.
Anche questa è una delle particolarità che dimostra la grandezza dei disegni di Traiano, in ogni modo il ponte tutt’oggi non è utilizzabile. Solamente le pile sono in piedi, non permettendo ad alcun mezzo di attraversare il fiume, come se esse fossero state erette per il solo proposito di dimostrare che non c’è nulla che l’ingegnosità umana non possa compiere. Traiano ha costruito il ponte perché temeva che in un qualsiasi momento in cui il Danubio si fosse congelato durante una guerra, i Romani avrebbero potuto essere superati sull’altra sponda in Dacia, così egli si augurava di facilitare l’accesso alle sue truppe ed ai loro mezzi. Adriano, al contrario, aveva paura che esso potesse facilitare l’assalto da parte dei barbari, una volta neutralizzata la guardia sul ponte, per accedere in Moesia, e così egli ha rimosso la struttura di legno."
E, riportando le misure romane alle nostre, questi sono i numeri
lunghezza: 1135 metri;
larghezza del fiume: 800 metri;
larghezza del ponte: 15 metri;
altezza sul pelo dell’acqua: 19 metri;
altezza dei piloni: 45 metri;
distanza tra i piloni: 38 metri

Non si conoscono esattamente le cause che portarono alla sua definitiva rovina. Il ponte finì distrutto da Aureliano quando l'impero romano rinunciò alla provincia dacica ritirando le sue forze, oppure, come riporta Procopio, disgregato dall'opera delle correnti e del tempo. 
I venti pilastri erano ancora visibili nel 1856, anno in cui il livello del Danubio scese a livelli record. Nel 1906, la Commissione internazionale per il Danubio decise di distruggerne due perché ritenuti di ostacolo alla navigazione. 
Nel 1932 sopravvivevano ancora 16 pilastri sotto il livello dell'acqua, ma nel 1982 gli archeologi riuscirono a mapparne solo 12, gli altri quattro essendo stati probabilmente portati via dalla corrente.

Un'iscrizione commemorativa, larga 4 metri e alta 1,75, nota come Tabula Traiana, scolpita direttamente nella roccia, celebra il completamento di un'opera; ma, a differenza di quanto potreste pensare, non si riferisce al Ponte; si trova sul lato serbo, rivolta verso la Romania. Vi si legge: 
«L'imperatore Cesare Nerva Traiano Augusto, figlio del divo Nerva, vincitore dei Germani, Pontefice Massimo, quattro volte investito della potestà tribunizia, Padre della Patria, Console per la terza volta, scavando montagne e sollevando travi di legno questa strada ricostruì.»
La dedica si riferisce, quindi, a quella «spettacolare strada», lambita dal corso del Danubio, che i genieri romani aprirono nel 33-34, intagliandola tra le rocce a picco delle gole di Kazan. Della strada, inghiottita dalle acque dopo la costruzione della diga Ðerdap nel 1972, nulla è più visibile se non qualche breve tratto; la stessa Tabula Traiana, originariamente posta lungo il percorso, è stata salvata dall'innalzamento del livello delle acque solo grazie al sollevamento, per 20 metri, dell'imponente blocco di roccia in cui era ricavata, insieme a 7,5 metri della strada romana su cui essa sorgeva.
Ma non è finita qui: nonostante la sua imponenza, il ponte fu realizzato in un arco di tempo incredibilmente breve; una possibile spiegazione è che il fiume, durante la costruzione, fosse stato deviato per mezzo di qualche opera idraulica, sebbene Cassio Dione (II-III secolo) escluda una simile possibilità. Il più tardo Procopio (VI secolo) fa invece un chiaro riferimento alla deviazione del fiume, anche se collegandola alla navigazione e non alla costruzione del ponte, argomento sul quale dichiara di non volersi soffermare, vista la disponibilità a quel tempo di un esteso trattato di Apollodoro, per noi invece perduto.
Ma quella che in passato era solo un'ipotesi, sembra riaffacciarsi grazie ad un'epigrafe che fornisce la prova documentale definitiva della realizzazione del canale. L'iscrizione così recita: 
IMP CAESAR DIVI NERVAE F / NERVA TRAIANVS AVG GERM / PONT MAX TRIB POT V P P COS IIII / OB PERICVLVM CATARACTARVM / DERIVATO FLVMINE TVTAM DA / NVVI NAVIGATIONEM FECIT
«[...] Traiano [...] deviato il fiume a causa del pericolo delle cateratte rese sicura la navigazione sul Danubio».
Quindi Traiano non si è limitato a realizzare il Ponte, opera di per sé spettacolosa, ma ha fatto sia deviare il corso del Danubio che realizzare una strada militare intagliata tra le rocce e i dirupi.
Che altro ancora? E già, dimenticavo: ha conquistato la Dacia.....

Francesco Ottaviani

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